Il restauro della ‘Madonna con il Bambino’ di Dosso Dossi
Dal Bollettino d’Arte del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
Dosso Dossi, La Madonna con Bambino tra S. Giorgio e S. Michele Arcangelo (XVI sec.), Galleria Estense, Modena, dipinto ad olio su tavola
Il presente studio si sviluppa come naturale complemento dell’intervento di restauro sulla splendida ancona di Dosso Dossi raffigurante la ‘Madonna con il Bambino tra i Santi Giorgio e Michele Arcangelo’, commissionata per la chiesa di Sant’Agostino a Modena e oggi appartenente al patrimonio della Galleria Estense.
Benché considerata una delle produzioni più raffinate del pittore estense in tema religioso, l’imponente tavola non è stata oggetto di approfonditi studi da parte della critica recente sia per l’assoluta mancanza di fonti documentarie circa il soggetto promotore di tale capolavoro, sia per la difficoltà oggettiva di interpretare la sterzata quasi anomala dell’artista, sempre apprezzato per le sue qualità eterodosse, verso soluzioni pittoriche più classiche e composte. Il buon senso ha quindi consigliato agli studiosi di attenersi alle prime indicazioni longhiane, che a loro volta sposavano la ipotesi di Cavalcaselle circa una collaborazione di Dosso con Raffaello poi rivelatasi infondata. Ma l’idea di opera “giovanile” impregnata di influssi raffaelleschi è stata mantenuta.
La possibilità di rileggere il dipinto durante le varie fasi del restauro, che lo ha riportato ai giusti rapporti forma-colore, ha fornito la straordinaria possibilità di focalizzare l’attenzione sui diversi aspetti del manufatto: stilistici, tecnici e iconografici. Su base stilistica, non si riscontra quel raffaellismo emozionale, indicato da molti, scaturito dal rapporto diretto con Roma e con l’ultima attività pittorica di Raffaello, bensì citazioni ricorrenti, diffuse da molti suoi allievi dopo la morte del grande pittore, un pò in tutta Italia. Nel nostro caso soprattutto da Giulio Romano che lavorò a lungo alla corte di Mantova, consorella di quella estense di Ferrara, alla cui produzione senz’altro Dosso s’ispirò.
La tecnica porta un altro tassello prezioso: Dosso in questo dipinto giunge finalmente a dominare la difficile arte del dipingere ad olio. I confronti con le opere su tavola ne danno ragione. Nessuno ripasso per definire i fondi e le ombre come quelli presenti, per esempio, nella ‘Pala di San Sebastiano’ del Duomo di Modena, sempre ritenuta posteriore alla nostra. Nel caso qui in esame, invece, il pittore è riuscito ad impossessarsi della tecnica e costruisce per velature omogenee, che riescono a raggiungere effetti materici spesso appannaggio segreto dei pittori fiamminghi.
Dal punto di vista iconografico si dimostra che il culto dell’Immacolata Concezione, tenuto in sordina dalla Chiesa, ma fortemente sponsorizzato dagli ordini mendicanti, viene pienamente accettato e raggiunge la sua massima diffusione, anche attraverso le immagini, dopo il traumatico Sacco di Roma nel 1527.
Infine, la committenza: le notevoli dimensioni della pala, l’uso di colori costosi, come l’esotico lapislazzulo, indicano una committenza importante. Nonostante la presenza di due santi collegati alla dinastia estense (San Giorgio copatrono di Ferrara, e San Michele protettore del castello estense) farebbe trarre conclusioni affrettate rispetto a una sua origine ferrarese, l’autrice ipotizza che la committenza dell’opera sia da collegare alla famiglia Ferrari di Modena e che la pala sia stata eseguita per la cappella di famiglia situata nella chiesa di Sant’Agostino, dove nel 1532 fu sepolta Eleonora Ferrari, terza moglie, se pur per pochi anni, del Segretario di Stato di Alfonso I d’Este, Matteo Casella.
Restoration of the ‘Madonna with Child in Gloria and Saints George and Michael’ by Dosso Dossi in the Church of St. Augustine in Modena
The present study is a natural complement to the restoration of the magnificent altar–piece by Dosso Dossi portraying the ‘Madonna with Child between Saint George and the Archangel Michael’ commissioned for the Church of St. Augustine in Modena, today part of the collection of the Galleria Estense.
Although considered one of the finest religious works by this painter from the Este circle, the imposing panel has not been the object of in–depth study by recent art historians, both because of the absolute lack of documentary sources regarding the client, and because of the objective difficulty of interpreting the unexpected turn by an artist known and appreciated for his unconventional approach toward artistic solutions that are much more classical and composed. Common sense thus directed historians to follow Longhi’s initial interpretation, who agreed with Cavalcaselle’s hypothesis of a collaboration between Dosso and Raphael. Although this came to be recognised as unfounded, the idea that this is an early work by a “young” artist strongly influenced by Raphael remains generally accepted.
The possibility of re–interpreting the painting during the various phases of the restoration, which has brought back the painting’s original relationship of form and colour, has provided an extraordinary opportunity to focus attention on various aspects of the work: stylistic, technical and iconographical. From a stylistic point of view, there is no evidence of an emotional adherence to Raphael’s style, claimed by many critics as having developed from Dosso’s direct relationship with Rome and Raphael’s late work. Rather, what we have are repeated references disseminated all over Italy by many of the great artist’s pupils after his death. In our case, there is, above all, Giulio Romano, who worked for a long time at the Mantua court – closely related to the Este court in Ferrara, whose work undoubtedly was a source of inspiration for Dosso.
An examination of technique brings another precious element to our attention: Dosso with this work has finally mastered the difficult art of painting with oil. A comparison with his other altar–pieces support this conclusion. There is no re–painting to better define the backgrounds and shadows as can be observed, for example, in the ‘Pala of San Sebastiano’ in the Cathedral of Modena, always considered a later work. Instead, in the present case, the painter has been able to master the technique and construct his image with the use of very thin homogeneous opaque layers, or velature, thus attaining an effect similar to that so jealously guarded by contemporary Flemish painters.
From an iconographical point of view, the painting shows that the cult of the Immaculate Conception, which had been kept under wraps by the Church but strongly supported by the mendicant orders, had become fully accepted and achieved its greatest diffusion, also thanks to images, after the traumatic Sack of Rome in 1527.
Finally, a note about the client. The considerable dimensions of the altar–piece and the use of expensive colours, such as exotic lapis lazuli, are indicative of an important commission. In spite of the presence of the two saints linked to the Este family (St. George, co–patron of Ferrara, and St. Michael, protector of the castle of the Este family), that might lead one to make a hasty conclusion regarding a Ferrara origin for the altar–piece, the author hypothesizes that the commission of the work should be connected to the Ferrari family of Modena, and that the altar–piece may have been executed for their family chapel located in the Church of St. Augustine, where in 1532 Eleonora Ferrari was buried. She had been the third wife, even if only for a few years, of Matteo Casella, Secretary of State to Alphonse I d’Este.replica breitling